domenica 15 febbraio 2015

Quando la BCE non era credibile....perchè lo è mai stata?

Quando la BCE non era credibile....perchè lo è mai stata?
Agli albori del disastro....



Le divisioni paralizzano la Bce.

 

Il capo economista Issing frena sui tagli dei tassi. Ma alcuni banchieri nazionali iniziano a esprimere insoddisfazione

EUROPA Anche dopo l' 11 settembre, la credibilità della Banca centrale continua a calare. Sui mercati e tra i governi Le divisioni paralizzano la Bce Il capo economista Issing frena sui tagli dei tassi. Ma alcuni banchieri nazionali iniziano a esprimere insoddisfazione La Germania è sull' orlo della recessione, trascina al ribasso le altre economie europee. E ancora una volta la Banca centrale ha lasciato i tassi di interesse invariati. Deludendo le aspettative di governi, mercati ed economisti che si attendevano uno sprone alla crescita, un gettito di fiducia. Mentre la Bce si aggrappa alla difesa della sua indipendenza e alla lotta contro un' inflazione in via di rapida sparizione, i mercati percepiscono invece una Banca centrale europea quasi incapace di prendere la decisione giusta al momento giusto, di una banca centrale sempre behind the curve, che segue il mercato, come si dice in gergo tecnico-finanziario, invece di anticiparne le mosse, come fa la Fed. Il problema, secondo alcuni attenti Ecb-watchers (gli osservatori della Bce), risiede nel fatto che il Consiglio dei governatori - composto da sei membri del board e da 12 capi delle banche centrali nazionali - prende le sue decisioni con il metodo del consenso e non con un voto espresso chiaramente. E, dietro le quinte, alcuni elementi indicano invece spaccature profonde in materia di politica monetaria, di cooperazione con i governi europei e le altre banche centrali internazionali, e in materia di vigilanza sul sistema finanziario. «Il board e i governatori sono "spaccati", e non vogliono mostrarlo all' opinione pubblica - dice al Corriere della Sera un alto banchiere centrale, che per ovvi motivi preferisce non vedere citato il suo nome -. Il problema è tutto nelle decisioni del Consiglio. Queste vengono prese a maggioranza, attraverso una faticosa opera di creazione del consenso. Non arrivano quasi mai al voto. E non hanno una leadership chiara. Quindi le decisioni importanti vengono continuamente rinviate. E quando le prendono, è troppo tardi». Il treno del ristagno economico o, forse, della recessione, è già partito. I mercati, insomma, percepiscono la Banca centrale europea come distaccata dall' economia reale e non in grado di cogliere in tempo un brusco rallentamento economico per reagire in modo preventivo come invece ha fatto la Fed fin dal gennaio scorso. Un problema noto già sulla carta. Ma nelle ultime settimane sono giunti alcuni indizi concreti di una profonda divisione dei governatori sulla riduzione dei tassi. Nella conferenza stampa tenuta a Vienna dopo la riunione del Consiglio, l' 11 di ottobre scorso, il presidente della Bce Wim Duisenberg ha parlato di «uno spazio di manovra (per ridurre i tassi) molto piccolo». Secondo fonti delle banche centrali, a opporsi a una riduzione dei tassi sarebbe stato proprio il capo-economista Otmar Issing, responsabile della Politica monetaria, della Ricerca e dell' Economia, cui spetta di diritto proporre in Consiglio le mosse di politica monetaria. Ma per la prima volta le dichiarazioni di Duisenberg hanno suscitato le ire di alti funzionari delle banche centrali nazionali. Perché avrebbe dato l' impressione di voler tenere i tassi fermi per qualche tempo, senza esprimere adeguatamente la diversità delle opinioni all' interno del suo massimo organo. «Sarebbe un errore interpretare così la posizione del Consiglio, perché in realtà la porta è stata lasciata aperta», ha sostenuto un banchiere centrale nazionale. Un altro alto funzionario ha spiegato che il Consiglio voleva vedere dati espliciti sulla reale minaccia alla crescita e sul calo dell' inflazione. «Io avrei attuato una decisione più aggressiva - ha sostenuto il banchiere centrale nazionale - e la Bce dovrebbe credere di più nelle sue stesse previsioni, che mostrano un costo della vita in rallentamento». Qui si vede, ha concluso il funzionario, «la differenza fra la Fed e la Banca centrale europea». La divisione interna al Consiglio sulla politica monetaria sembra quindi attraversare il board per scindere in due fazioni di falchi e colombe anche i governatori. Recentemente, la Bce è stata lodata da tutto il mondo per l' ottima cooperazione avviata con la Fed il 17 di settembre scorso, quando un ribasso dei tassi è riuscito a stabilizzare i mercati finanziari in subbuglio dopo i tragici attentati americani. E' vero. In realtà, sostengono alcuni critici, non si è trattato di un' azione concertata, come quella del dicembre ' 98, seguita da un comunicato congiunto. La Fed aveva annunciato alla Bce il taglio dei tassi prima dell' apertura dei mercati. Sono passate molte ore prima che la Bce annunciasse anche il suo ribasso. E dalla Finlandia Duisenberg aveva continuato a sostenere di non voler seguire la Fed. Questo perché, ha spiegato Ernst Welteke, presidente della Bundesbank e membro del Consiglio della Bce, «alle 16 era stata indetta una riunione straordinaria in teleconferenza, che è terminata alle 17 con la decisione di ridurre il costo del denaro». Ma ai mercati è sembrato che la Bce seguisse a ruota la Fed, invece di procedere insieme. Perché? Secondo fonti delle banche centrali nazionali, ancora una volta Issing non sarebbe stato del tutto convinto del passo da attuare (sarebbe inutile chiederne conferma, perché questa è materia top secret). In questo caso, la divisione in seno al Consiglio in materia di cooperazione esterna sembra dividere soprattutto il board della Bce. Anche la cooperazione con i governi europei nelle riunioni dell' Euro-12 (i 12 Paesi che hanno adottato l' euro) non sembra procedere come si era auspicato. Stretti fra il corsetto del disavanzo pubblico dettato dal Patto di stabilità e l' economia sull' orlo della recessione, il cancelliere Gerhard Schroeder e i ministri alle Finanze francese, Laurent Fabius, e belga, Didier Reynders, hanno preteso un ribasso dei tassi, minacciando di modificare il Patto. Ma, poco per volta, la loro posizione si è ammorbidita. Sembra che sia in corso una specie di scambio, ha sostenuto Daniel Gros, capo del Dipartimento economico del Ceps di Bruxelles, in cui «i governi sostengono di non voler più cambiare il patto e la Bce dice che farà qualcosa sul costo del denaro». Ma così non è accaduto. Perché la Bce non ha toccato i tassi. Anche qui, la divisione sembra attraversare il board e i governatori. 
De Feo Marika
(29 ottobre 2001) - Corriere Economia
Scusate, ma se l'economia NON è una scienza esatta,perchè tutto quello che impone Draghi è considerato vangelo?Perchè i mercati decidono della vita dei popoli?E ancora:perchè la banca centrale deve essere indipendente dal potere politico?In una vera democrazia le decisioni fondamentali spetterebbero ai rappresentanti del popolo,o sbaglio?
L'insostenibilità dell'euro era già stata prevista almeno tre decenni prima della sua nascita,non sarebbe ora di dire basta?

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