L'annessione. L'unificazione della Germania e il futuro dell'Europa.
Vladimiro Giacché
Economista
Nascita: a Spezia (senza “La”) nel 1963. Studi
universitari: a Pisa e Bochum (Germania Federale). Laureato e
perfezionato in Filosofia alla Scuola Normale. Professione: Dirigente
nel settore finanziario. Dal novembre 2007 è partner di Sator, il gruppo
finanziario fondato e diretto da Matteo Arpe. E’ presidente di News 3.0
e membro del Consiglio di Amministrazione del Centro Europa Ricerche.Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/vgiacche/
La liquidazione pratica della RDT procedette in maniera parallela alla sua demonizzazione ideologica. Il documento forse più significativo della criminalizzazione della RDT è rappresentato dal discorso tenuto il primo luglio 1991 dal ministro della giustizia Klaus Kinkel, già presidente dal 1979 dal 1982 del servizio segreto della RFT (il Bundesnachrichtendienst, BND), al primo forum del ministero federale della giustizia. Eccone un passo: “Per quanto riguarda la cosiddetta RDT e il suo governo, non si trattava neppure di uno Stato indipendente. Questa cosiddetta RDT non è mai stata riconosciuta dal punto di vista del diritto internazionale. Esisteva una Germania unica (einheitlich), una parte della quale era occupata da una banda di criminali. Tuttavia non era possibile, per determinate ragioni, procedere penalmente contro questi criminali, ma questo non cambia di una virgola il fatto che c’era un’unica Germania, che ovviamente in essa vigeva un unico diritto e che esso attendeva di poter essere applicato ai criminali”.
La mostruosità storica e giuridica di
questo passo meriterebbe un commento approfondito. Basterà, di
passaggio, ricordare che la RDT era uno Stato riconosciuto non soltanto
dall’ONU e da numerosissimi altri Stati, ma di fatto anche dalla stessa
RFT, sin dal Trattato sui principi del 1972. E che il capo della “banda
di criminali” di cui parla Kinkel era stato in visita di Stato nella
Repubblica Federale non più tardi che nel 1987, quando era stato
ricevuto con tutti gli onori da Helmut Kohl. Fu del resto lo stesso
Günter Gaus, che ricoprì per anni l’incarico di responsabile della
rappresentanza permanente della RFT nella Repubblica Democratica
Tedesca, a dichiarare: “è insensato fare come se la RDT fosse una
provincia che si era separata dalla Repubblica Federale. C’erano due
Stati tedeschi, tra loro indipendenti, riconosciuti da tutto il mondo”.
(…)
Questa sconcertante dichiarazione di
Kinkel non sfuggì a Honecker, il quale negli appunti stesi in carcere e
pubblicati postumi ne evidenziò la logica conseguenza: “la
criminalizzazione dello Stato che fu la Repubblica Democratica conduce
ad un vero bando sociale della massa dei cittadini della RDT. Chi ha
partecipato alla costruzione di questo ‘Stato di
non-diritto’ (Unrechtsstaat) sarà ‘legittimamente’ cacciato dal suo
posto. Operaio, contadino, insegnante o artista, dovrà prendere atto del
fatto che la sua espulsione dall’amministrazione, dall’insegnamento,
dal teatro o dal laboratorio è ‘legale’”. Come vedremo, questa
previsione a tinte fosche non si rivelerà troppo lontana dal vero.
Ma Kinkel fece un ulteriore grave
passo pochi mesi dopo. Nel suo discorso di saluto al 15° congresso dei
giudici tedeschi, il 23 settembre dello stesso anno, affermò
testualmente: “conto sulla giustizia tedesca. Si deve riuscire a
delegittimare il sistema della SED”.
In questa esortazione è evidente la
clamorosa violazione dell’indipendenza del potere giudiziario da quello
esecutivo (ossia uno dei fondamenti dello stato di diritto), e assieme
la teorizzazione esplicita di un utilizzo politico della giustizia: in
questo modo di fatto Kinkel si rende colpevole proprio di quello di cui
accusava la RDT. L’osservazione che Honecker in carcere fa con
riferimento al procedimento che lo riguarda può quindi essere in qualche
modo generalizzata: “con questo processo viene fatto quello che si
rimprovera a noi. Ci si sbarazza dell’avversario politico utilizzando
gli strumenti del diritto penale, ma ovviamente secondo i principi dello
Stato di diritto”.
La giustizia del vincitore: i processi politici
A questa esortazione di Kinkel,
purtroppo, una parte della giustizia federale rispose positivamente,
anziché rispedirla al mittente. Nel corso degli anni furono aperti
procedimenti penali nei confronti di circa 105 mila cittadini della RDT,
in genere finiti nel nulla (ma che spesso ebbero un effetto devastante
sulla carriera e sull’esistenza stessa degli interessati). In effetti,
finirono sotto processo “soltanto” 1.332 persone (127 delle quali furono
coinvolte in più di un processo). Risultarono condannate a pene
variabili 759 persone (48 delle quali a pene detentive), si ebbero 293
assoluzioni e 364 processi furono interrotti per morte dell’imputato o
per altri motivi.
Questo poté avvenire in forza di una
sostanziale violazione del Trattato sull’unificazione e di ulteriori
forzature della legge. In realtà fu adoperato surrettiziamente il
diritto della RFT per giudicare l’operato di persone che avevano agito
in ottemperanza alle leggi della RDT (in particolare guardie di confine,
giudici e alti esponenti politici). Furono aperti ex novo procedimenti
(mentre in base al Trattato la RFT avrebbe dovuto proseguire e portare a
termine soltanto procedimenti già iniziati prima del 3 ottobre 1990).
Per poter coinvolgere anche i più alti esponenti politici nei processi
si inventò un presunto “ordine di sparare” a chi provasse a violare la
frontiera impartito dagli alti comandi (mentre i soldati si limitavano a
seguire le procedure – analoghe a quelle in uso nell’esercito della RFT
– previste in caso di oltrepassamento illegale del confine o di
ingresso non autorizzato in una zona militare, come del resto ammise in
una sentenza del 1996 anche la Corte costituzionale federale). (…)
Il parlamento emanò tre successive
leggi per prolungare i termini della prescrizione, e alla fine si giunse
a considerare i quasi 41 anni della RDT come periodo di sospensione del
decorso della prescrizione! Anche se in questo caso l’effetto pratico
fu trascurabile (i procedimenti che si poterono effettivamente aprire e
portare a termine in questo modo furono pochissimi), l’effetto mediatico
e l’obiettivo di porre sul banco degli accusati l’intera storia della
RDT fu conseguito.
Si trattò di fatto di processi
esemplari, e più precisamente di “processi di rappresentanza”, in cui il
procedimento penale era finalizzato a “delegittimare” postumamente,
proprio come aveva richiesto Kinkel, la Repubblica Democratica Tedesca.
Per quanto numerosi e gravi siano le responsabilità di Honecker nei suoi
quasi 20 anni alla guida della RDT (in particolare l’assoluta sordità
nei confronti della domanda di democratizzazione che veniva dalla
società e l’ostinato rifiuto di cambiare rotta nella politica
economica), è difficile non riconoscere delle ragioni nella sua denuncia
del carattere politico del processo cui era sottoposto: “ci sono
soltanto due possibilità: o i signori politici della RFT hanno
consapevolmente, liberamente e addirittura volentieri cercato di avere
rapporti con un assassino, o essi adesso consentono che un innocente sia
accusato di omicidio. Nessuna di queste due alternative va a loro
onore. Ma non ne esiste una terza… Il vero obiettivo politico di questo
processo è l’intenzione di screditare la RDT e con essa il socialismo.
Evidentemente, la sconfitta della RDT e del socialismo in Germania e in
Europa per loro non è sufficiente… La vittoria dell’economia di mercato
(come oggi si usa eufemisticamente definire il capitalismo) deve essere
totale e totale deve essere la sconfitta del socialismo. Si vuole, come
Hitler un tempo ebbe a dire davanti a Stalingrado, ‘che questo nemico
non si riprenda mai più’. I capitalisti tedeschi hanno sempre avuto la
tendenza alla totalità”.
In effetti in qualche caso questa
“tendenza alla totalità”, questa furia liquidatoria nei confronti della
RDT è giunta sino al punto di sconfinare nella adesione e
giustificazione di quello che in Germania c’era prima della RDT stessa.
Quando Honecker nel 1992 fu estradato
dalla Russia di Eltsin (a tal fine i medici russi produssero un
certificato falso, che nascondeva la gravità del cancro al fegato di cui
Honecker soffriva), venne rinchiuso in Germania nel carcere di Moabit,
lo stesso in cui lo avevano rinchiuso i nazisti, per attività sovversiva
nel Terzo Reich (durante il nazismo Honecker scontò 10 anni di
carcere). E chi predispose l’atto di accusa pensò bene di riprendere
letteralmente, senza modificarli in alcun modo, stralci dell’atto di accusa formulato a suo tempo dalla
Gestapo. Cosicché nel curriculum vitae di Honecker allegato agli atti
del processo si trovano queste frasi: “l’attività svolta [da Honecker]
per l’organizzazione giovanile del partito comunista era illegale.
Pertanto egli fu arrestato a Berlino il 4 dicembre 1935, per sospetta
preparazione di attività di alto tradimento”.
Quando l’ex capo delle forze armate
della RDT, Heinz Kessler, fu portato davanti a un tribunale tedesco
federale – con l’accusa, anche nel suo caso, di aver dato l’“ordine di
sparare” alla frontiera – non mancarono commenti sarcastici sul fatto
che questo generale tedesco aveva disertato l’esercito tedesco; e in
effetti lo aveva fatto: nel 1941, quando aveva abbandonato l’esercito di
Hitler per unirsi all’armata rossa.
Ma il caso più estremo riguarda Erich
Mielke, l’ex capo del potentissimo ministero per la sicurezza dello
Stato (meglio noto come Stasi) – in definitiva colui che nella RDT
ricopriva lo stesso incarico che nella RFT aveva ricoperto Kinkel. Per
Mielke non si trovò di meglio che condannarlo per l’omicidio di due
poliziotti nel 1931. In questo caso si riprese il fascicolo processuale
aperto sotto il nazismo, che aveva portato nel 1935 alla decapitazione
in carcere di un altro comunista, Max Matern. A Mielke negli anni
Novanta andò meglio: fu condannato a 6 anni, ma fu scarcerato nel 1995
per motivi di salute (aveva 88 anni), dopo aver passato in carcere
complessivamente 5 anni.
Gerhard Schürer, l’ex capo della
pianificazione della RDT, nelle sue memorie scrive: “è per me
incomprensibile che il massacro di 15 donne e bambini italiani [la
strage di Caiazzo, N.d.A.] da parte del criminale di guerra
Lehnigk-Emden durante la seconda guerra mondiale in base al diritto
tedesco sia un reato prescritto, mentre l’atto di un giovane comunista,
che – anche nel caso in cui egli l’abbia davvero commesso – deve essere
spiegato con la situazione dell’epoca, prossima alla guerra civile,
ancora dopo 64 anni viene perseguito e la pena implacabilmente
comminata”.
Vladimiro Giacché, Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa,
Imprimatur editore, 2013, pp. 304,(riproduciamo per gentile concessione dell’editore le pp.
149-157 del testo)Guai ai vinti: la criminalizzazione della RDT.
Intervista all'economista Vladimiro Giacchè sul suo ultimo libro
("Anschluss - L'annessione") che ricostruisce la vicenda della
riunificazione delle due Germanie, svelando gli effetti reali e
devastanti sulla Germania Est di questo processo di vera e propria
annessione; e che spiega il parallelo con l'Euro e l'attuale processo di
unificazione europea a guida tedesca, alla base della pesante crisi
economica che ha colpito l'Italia e tanti paesi dell'Europa, schiacciati
dalle politiche di austerity. Nell'intervista anche un riferimento al
programma della Lista Tsipras in Italia, che, pur chiedendo la fine
dell'austerity, pone come indiscutibile l'Euro.
Stasera ESCO!, in onda su Radio Roarr ogni lunedi alle 20.
Stasera ESCO!, in onda su Radio Roarr ogni lunedi alle 20.
Anschluss di Vladimiro Giacché è da leggere. In primis da quelli che bisogna fare come la Germania perche loro han fatto riforme!!!!!
Guai ai vinti: la criminalizzazione della RDT
La liquidazione pratica della RDT procedette in maniera parallela alla sua demonizzazione ideologica. Il documento forse più significativo della criminalizzazione della RDT è rappresentato dal discorso tenuto il primo luglio 1991 dal ministro della giustizia Klaus Kinkel, già presidente dal 1979 dal 1982 del servizio segreto della RFT (il Bundesnachrichtendienst, BND), al primo forum del ministero federale della giustizia. Eccone un passo: “Per quanto riguarda la cosiddetta RDT e il suo governo, non si trattava neppure di uno Stato indipendente. Questa cosiddetta RDT non è mai stata riconosciuta dal punto di vista del diritto internazionale. Esisteva una Germania unica (einheitlich), una parte della quale era occupata da una banda di criminali. Tuttavia non era possibile, per determinate ragioni, procedere penalmente contro questi criminali, ma questo non cambia di una virgola il fatto che c’era un’unica Germania, che ovviamente in essa vigeva un unico diritto e che esso attendeva di poter essere applicato ai criminali”.
La liquidazione pratica della RDT procedette in maniera parallela alla sua demonizzazione ideologica. Il documento forse più significativo della criminalizzazione della RDT è rappresentato dal discorso tenuto il primo luglio 1991 dal ministro della giustizia Klaus Kinkel, già presidente dal 1979 dal 1982 del servizio segreto della RFT (il Bundesnachrichtendienst, BND), al primo forum del ministero federale della giustizia. Eccone un passo: “Per quanto riguarda la cosiddetta RDT e il suo governo, non si trattava neppure di uno Stato indipendente. Questa cosiddetta RDT non è mai stata riconosciuta dal punto di vista del diritto internazionale. Esisteva una Germania unica (einheitlich), una parte della quale era occupata da una banda di criminali. Tuttavia non era possibile, per determinate ragioni, procedere penalmente contro questi criminali, ma questo non cambia di una virgola il fatto che c’era un’unica Germania, che ovviamente in essa vigeva un unico diritto e che esso attendeva di poter essere applicato ai criminali”.
La mostruosità storica e giuridica di questo passo meriterebbe un
commento approfondito. Basterà, di passaggio, ricordare che la RDT era
uno Stato riconosciuto non soltanto dall’ONU e da numerosissimi altri
Stati, ma di fatto anche dalla stessa RFT, sin dal Trattato sui principi
del 1972. E che il capo della “banda di criminali” di cui parla Kinkel
era stato in visita di Stato nella Repubblica Federale non più tardi che
nel 1987, quando era stato ricevuto con tutti gli onori da Helmut Kohl.
Fu del resto lo stesso Günter Gaus, che ricoprì per anni l’incarico di
responsabile della rappresentanza permanente della RFT nella Repubblica
Democratica Tedesca, a dichiarare: “è insensato fare come se la RDT
fosse una provincia che si era separata dalla Repubblica Federale.
C’erano due Stati tedeschi, tra loro indipendenti, riconosciuti da tutto
il mondo”. (…)Questa
sconcertante dichiarazione di Kinkel non sfuggì a Honecker, il quale
negli appunti stesi in carcere e pubblicati postumi ne evidenziò la
logica conseguenza: “la criminalizzazione dello Stato che fu la
Repubblica Democratica conduce ad un vero bando sociale della massa dei
cittadini della RDT. Chi ha partecipato alla costruzione di questo
‘Stato di non-diritto’ (Unrechtsstaat)
sarà ‘legittimamente’ cacciato dal suo posto. Operaio, contadino,
insegnante o artista, dovrà prendere atto del fatto che la sua
espulsione dall’amministrazione, dall’insegnamento, dal teatro o dal
laboratorio è ‘legale’”. Come vedremo, questa previsione a tinte fosche
non si rivelerà troppo lontana dal vero.Ma Kinkel
fece un ulteriore grave passo pochi mesi dopo. Nel suo discorso di
saluto al 15° congresso dei giudici tedeschi, il 23 settembre dello
stesso anno, affermò testualmente: "conto sulla giustizia tedesca. Si
deve riuscire a delegittimare il sistema della SED".
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Guai ai vinti: la criminalizzazione della RDT
La liquidazione pratica della RDT procedette in maniera parallela alla sua demonizzazione ideologica. Il documento forse più significativo della criminalizzazione della RDT è rappresentato dal discorso tenuto il primo luglio 1991 dal ministro della giustizia Klaus Kinkel, già presidente dal 1979 dal 1982 del servizio segreto della RFT (il Bundesnachrichtendienst, BND), al primo forum del ministero federale della giustizia. Eccone un passo: “Per quanto riguarda la cosiddetta RDT e il suo governo, non si trattava neppure di uno Stato indipendente. Questa cosiddetta RDT non è mai stata riconosciuta dal punto di vista del diritto internazionale. Esisteva una Germania unica (einheitlich), una parte della quale era occupata da una banda di criminali. Tuttavia non era possibile, per determinate ragioni, procedere penalmente contro questi criminali, ma questo non cambia di una virgola il fatto che c’era un’unica Germania, che ovviamente in essa vigeva un unico diritto e che esso attendeva di poter essere applicato ai criminali”.
La liquidazione pratica della RDT procedette in maniera parallela alla sua demonizzazione ideologica. Il documento forse più significativo della criminalizzazione della RDT è rappresentato dal discorso tenuto il primo luglio 1991 dal ministro della giustizia Klaus Kinkel, già presidente dal 1979 dal 1982 del servizio segreto della RFT (il Bundesnachrichtendienst, BND), al primo forum del ministero federale della giustizia. Eccone un passo: “Per quanto riguarda la cosiddetta RDT e il suo governo, non si trattava neppure di uno Stato indipendente. Questa cosiddetta RDT non è mai stata riconosciuta dal punto di vista del diritto internazionale. Esisteva una Germania unica (einheitlich), una parte della quale era occupata da una banda di criminali. Tuttavia non era possibile, per determinate ragioni, procedere penalmente contro questi criminali, ma questo non cambia di una virgola il fatto che c’era un’unica Germania, che ovviamente in essa vigeva un unico diritto e che esso attendeva di poter essere applicato ai criminali”.
La mostruosità storica e giuridica di questo passo meriterebbe un
commento approfondito. Basterà, di passaggio, ricordare che la RDT era
uno Stato riconosciuto non soltanto dall’ONU e da numerosissimi altri
Stati, ma di fatto anche dalla stessa RFT, sin dal Trattato sui principi
del 1972. E che il capo della “banda di criminali” di cui parla Kinkel
era stato in visita di Stato nella Repubblica Federale non più tardi che
nel 1987, quando era stato ricevuto con tutti gli onori da Helmut Kohl.
Fu del resto lo stesso Günter Gaus, che ricoprì per anni l’incarico di
responsabile della rappresentanza permanente della RFT nella Repubblica
Democratica Tedesca, a dichiarare: “è insensato fare come se la RDT
fosse una provincia che si era separata dalla Repubblica Federale.
C’erano due Stati tedeschi, tra loro indipendenti, riconosciuti da tutto
il mondo”. (…)Questa
sconcertante dichiarazione di Kinkel non sfuggì a Honecker, il quale
negli appunti stesi in carcere e pubblicati postumi ne evidenziò la
logica conseguenza: “la criminalizzazione dello Stato che fu la
Repubblica Democratica conduce ad un vero bando sociale della massa dei
cittadini della RDT. Chi ha partecipato alla costruzione di questo
‘Stato di non-diritto’ (Unrechtsstaat)
sarà ‘legittimamente’ cacciato dal suo posto. Operaio, contadino,
insegnante o artista, dovrà prendere atto del fatto che la sua
espulsione dall’amministrazione, dall’insegnamento, dal teatro o dal
laboratorio è ‘legale’”. Come vedremo, questa previsione a tinte fosche
non si rivelerà troppo lontana dal vero.
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Guai ai vinti: la criminalizzazione della RDT
La liquidazione pratica della RDT procedette in maniera parallela alla sua demonizzazione ideologica. Il documento forse più significativo della criminalizzazione della RDT è rappresentato dal discorso tenuto il primo luglio 1991 dal ministro della giustizia Klaus Kinkel, già presidente dal 1979 dal 1982 del servizio segreto della RFT (il Bundesnachrichtendienst, BND), al primo forum del ministero federale della giustizia. Eccone un passo: “Per quanto riguarda la cosiddetta RDT e il suo governo, non si trattava neppure di uno Stato indipendente. Questa cosiddetta RDT non è mai stata riconosciuta dal punto di vista del diritto internazionale. Esisteva una Germania unica (einheitlich), una parte della quale era occupata da una banda di criminali. Tuttavia non era possibile, per determinate ragioni, procedere penalmente contro questi criminali, ma questo non cambia di una virgola il fatto che c’era un’unica Germania, che ovviamente in essa vigeva un unico diritto e che esso attendeva di poter essere applicato ai criminali”.
La liquidazione pratica della RDT procedette in maniera parallela alla sua demonizzazione ideologica. Il documento forse più significativo della criminalizzazione della RDT è rappresentato dal discorso tenuto il primo luglio 1991 dal ministro della giustizia Klaus Kinkel, già presidente dal 1979 dal 1982 del servizio segreto della RFT (il Bundesnachrichtendienst, BND), al primo forum del ministero federale della giustizia. Eccone un passo: “Per quanto riguarda la cosiddetta RDT e il suo governo, non si trattava neppure di uno Stato indipendente. Questa cosiddetta RDT non è mai stata riconosciuta dal punto di vista del diritto internazionale. Esisteva una Germania unica (einheitlich), una parte della quale era occupata da una banda di criminali. Tuttavia non era possibile, per determinate ragioni, procedere penalmente contro questi criminali, ma questo non cambia di una virgola il fatto che c’era un’unica Germania, che ovviamente in essa vigeva un unico diritto e che esso attendeva di poter essere applicato ai criminali”.
La mostruosità storica e giuridica di questo passo meriterebbe un
commento approfondito. Basterà, di passaggio, ricordare che la RDT era
uno Stato riconosciuto non soltanto dall’ONU e da numerosissimi altri
Stati, ma di fatto anche dalla stessa RFT, sin dal Trattato sui principi
del 1972. E che il capo della “banda di criminali” di cui parla Kinkel
era stato in visita di Stato nella Repubblica Federale non più tardi che
nel 1987, quando era stato ricevuto con tutti gli onori da Helmut Kohl.
Fu del resto lo stesso Günter Gaus, che ricoprì per anni l’incarico di
responsabile della rappresentanza permanente della RFT nella Repubblica
Democratica Tedesca, a dichiarare: “è insensato fare come se la RDT
fosse una provincia che si era separata dalla Repubblica Federale.
C’erano due Stati tedeschi, tra loro indipendenti, riconosciuti da tutto
il mondo”. (…)Questa
sconcertante dichiarazione di Kinkel non sfuggì a Honecker, il quale
negli appunti stesi in carcere e pubblicati postumi ne evidenziò la
logica conseguenza: “la criminalizzazione dello Stato che fu la
Repubblica Democratica conduce ad un vero bando sociale della massa dei
cittadini della RDT. Chi ha partecipato alla costruzione di questo
‘Stato di non-diritto’ (Unrechtsstaat)
sarà ‘legittimamente’ cacciato dal suo posto. Operaio, contadino,
insegnante o artista, dovrà prendere atto del fatto che la sua
espulsione dall’amministrazione, dall’insegnamento, dal teatro o dal
laboratorio è ‘legale’”. Come vedremo, questa previsione a tinte fosche
non si rivelerà troppo lontana dal vero.
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