Dirk Freitag (Istituto monetario europeo):''Perno del nuovo sistema tedesco e' ovviamente la moneta europea che pero' , secondo Dirk Freitag (Istituto monetario europeo), dovra' essere inchiodata al marco, o meglio dovra' essere tanto simile al marco da risultare di fatto la stessa cosa.''
Karl Lamers, responsabile per la politica estera della Cdu:"In Europa dobbiamo comandare noi, ma senza che nessuno se ne accorga!"
("Wir mussen fuhren, aber ohne dass es jemand merkt!", "Die Zeit", 12
maggio).
Il nuovo sistema tedesco si sta formando grazie ad una progressiva
convergenza tra la messa a punto degli obiettivi economici e la
definizione degli spazi politici dentro i quali sembra possibile
raggiungerli; sicche' i cavalieri della Finanza come Norbert Walter
(Deutsche Bank) propongono, e gli strateghi della politica come Lamers e
Schauble (Cdu) si preparano a disporre.
BONN Pentirsi e guidare l' Europa.
Una potenza in un continente pieno d' incognite. A partire dalla
Russia. Un impero centrale che guardi all' Est puo' ritrovare a Mosca il
vecchio nemico geopolitico. Ritrovata l' autorita' morale, Kohl puo'
dispiegare la forza economica senza pagare pedaggi.
(4 giugno 1995) -ARCHIVIO Corriere della Sera un articolo di Vertone Saverio.
VIAGGIO NELL' IMPERO TEDESCO . 3 Nel cinquantenario della guerra la
Germania ha colto l' occasione per rinnegare il passato nazista. Ora
vuol essere leader TITOLO: Pentirsi e guidare l' Europa Una potenza in
un continente pieno d' incognite. A partire dalla Russia Un impero
centrale che guardi all' Est puo' ritrovare a Mosca il vecchio nemico
geopolitico Ritrovata l' autorita' morale, Kohl puo' dispiegare la forza
economica senza pagare pedaggi -
Luciano Canfora: L’UE, inattesa realizzazione del sogno di Hitler.......
“Mi chiedo che cosa significhi questa ideologia europeista. Ne
deduco che esista un valore denominato Europa. Ma allora vorrei capire
se esiste anche un valore Asia o Africa. Perchè non dichiararsi
asiatisti o africanisti, piuttosto che europeisti? E l'Australia, dove
la mettiamo? Non si sente l'esigenza di uno spirito australianista?”
Luciano Canfora, noto filologo e appassionato studioso di storia antica,
ha recentemente dato alle stampe la sua ultima fatica (“Intervista sul
potere”, ed. Laterza), una lunga digressione sotto forma di intervista
su una moltitudine di temi: dal senso della democrazia a Napoleone, da
Mao ai rapporti tra Sparta ed Atene, da Tucidide all'Euro. E proprio sul
senso politico e sociale di quest'ultimo dedica l'ultimo capitolo,
intitolato significativamente “Elite e popolo”.
Messo sotto fuoco incrociato lo spirito internazionalista, ciò che le
élites propongono in sua vece è una poco elegante riduzione linguistica
del coacervo di interessi che ha spostato e sta spostando immense somme
di denaro dalle tasche dei cittadini alle loro. Ciò avviene nel nome di
quella dottrina europeista che riempie quotidianamente pagine di
giornali e programmi televisivi. Dottrina che permette all'AD della Fiat
di delocalizzare lasciando a casa migliaia di lavoratori. “Non
bastano i vantaggi che mi offre l'Italia, dichiara Marchionne, perchè se
vado in Serbia posso guadagnare di più…mi da un certo fastidio chi
sostiene chi ci siano “dottrine” adatte a giustificare comportamenti del
genere. Tutto dipende, ripeto, dai rapporti di forza.”
A tale riguardo la denuncia di Canfora è precisa: “l'equilibrio
delle forze si è spostato nettamente a favore di questi ceti
tecnocratici ristretti, che non intendono farsi governare dal potere
politico. Al contrario, sono essi che non solo lo influenzano, lo
rimbrottano e lo limitano, ma addirittura lo contrastano apertamente e
lo soverchiano”.
Quindi lo scenario attuale vede un apparato politico (che dovrebbe
regolamentare la vita sociale nel nome del massimo profitto per i
cittadini) succube di quelle forze elitiste, e si ritrova ad assecondare
ogni loro capriccio, semantica inclusa. Tutto ciò si traduce in una “perdita di sovranità degli Stati nazionali, in particolare dell'Italia, rispetto all'influenza dei mercati finanziari.”
Questo stato di cose, nel quale i cittadini sono destinati a perdere
sempre più potere a favore delle élites, è determinato da un processo
ben definito: “via via che si internazionalizza la produzione cresce enormemente il potere di ricatto della grande industria e delle banche.”
La globalizzazione è quindi quel processo che permette a grandi
industrie e banche di entrare a pieno titolo nelle aule parlamentari per
far valere i propri interessi a tutto svantaggio di quelli dei
cittadini. Ma il profitto (di cui banche e corporation sono gli attuali
maggiori difensori) non è anche fautore dello sviluppo? “Il problema
è esattamente questo: se si debba ritenere che il profitto sia un
valore assoluto, in quanto unico possibile motore dello sviluppo, o se
lo sviluppo stesso possa essere un fatto sociale, che non si basa
necessariamente sul tornaconto individuale. E' un dilemma con cui siamo
alle prese da secoli. Io sono convinto che i capitalisti non siano
benefattori dell'umanità e che la crescita economica non passi
necessariamente per l'esaltazione di un egoismo esasperato, individuale o
collettivo.”
Eppure ci dicono che le attuali politiche europee siano l'unico approdo
sensato per evitare il disastro del ritorno alle monete locali. “Io
contesto alla radice l'attuale retorica europeista. Ci viene fatto
credere che questo tipo di costruzione, che notoriamente ci penalizza
rispetto alla megapotenza tedesca, sia l'unica possibilità di realizzare
delle aggregazioni significative a livello internazionale. Invece ne
esistono altre.”
L'intervistatore a questo punto pone una domanda essenziale: “Lei giudica l'ingresso nell'euro una scelta fallimentare?” “Sì.
Capisco il PD che la difende, ma è solo perchè non ha altro da dire. Se
si toglie l'euro, che ci ha rovinati, tutta l'esperienza di governo del
centrosinistra, con Romano Prodi e con Carlo Azeglio Ciampi, è finita.
Che cosa hanno combinato gli eredi del PCI, da quando quel partito si è
sciolto? Hanno procurato agli italiani un po' di miseria in più tramite
la scelta di entrare nell'euro, compiuta per giunta in modo autocratico,
senza alcun referendum. Mi sembra piuttosto che stiamo smantellando
metodicamente lo Stato sociale proprio in nome dell'Europa…siamo di
fronte a un'enorme ondata di disagio e di rifiuto da parte dei
cittadini, ai quali è stato impedito di dire la loro quando dall'alto
calavano decisioni pesantissime o, peggio ancora, presentate in maniera
ingannevole. L'introduzione dell'euro venne esaltata come un grande
passo in avanti e invece ha portato al dimezzamento dei salari. Facciamo
una terapia di salasso dei contribuenti e di macelleria sociale senza
limiti solo per poter dire che l'Europa, cioè la Germania con i suoi
vassalli nordici, è una grande potenza? Non mi pare un valore per cui
sacrificarsi. Non abbiamo un governo (se ce l'abbiamo, è quello
tedesco), non abbiamo un esercito, non abbiamo una statualità di tipo
elvetico o statunitense. Abbiamo solo una moneta, che serve alla
Germania per imporre all'eurozona i suoi prodotti, peraltro validissimi,
mentre noi italiani rinunciamo ad avere una forza espansiva sui
mercati. Inoltre, per puntellare tutto ciò, bisogna bastonare la Grecia,
mettere in ginocchio la Spagna, schiaffeggiare il Portogallo,
stangolare Cipro….Ma neanche la Santa Alleanza arrivava a tanto. E non
si intravede una prospettiva a questo calvario.”
Cos'è realmente il MES?? La sovranità dei cittadini aggirata a caro prezzo.
Testo integrale del Trattato istitutivo del MES: link qui
Il Parlamento Italiano ha approvato l’adesione al MES con le seguenti votazioni:
12 Luglio 2012, approvazione del Senato della Repubblica con 191 SI, 15 astenuti, 21 NO;
19 Luglio 2012, approvazione della Camera dei Deputati
con 325 SI (168 PD, 83 PDL, 30 UDC, 14 FLI, 11 Responsabili, 19 Gruppo
Misto), 36 astenuti (20 PDL, 13 IDV, 3 Gruppo Misto) e 53 NO (51 Lega
Nord, 2 PDL);
23 Luglio 2012, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano firma la Legge.
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ESM (o MES) ovvero, meccanismo europeo di stabilità. È questo il nome della nuova minaccia che si abbatte sul nostro Paese e sull'Europa tutta. Si tratta, in poche parole, di instradare i 17 stati aderenti a questo 'patto fiscale' (l'Italia è fra questi) dentro a un meccanismo
che, di fatto, istituisce un'organizzazione finanziaria
intergovernativa: la, il MES, per l'appunto. L'accordo, nasce come
insieme di modifiche al Trattato Europeo approvate il 23 marzo 2011
dalla plenaria di Bruxelles e ratificate dal Consiglio Europeo nel
luglio dell'anno scorso. L'entrata in vigore del provvedimento, è
prevista per luglio 2012. IL MES, è quindi
un'istituzione finanziaria internazionale ed ha il velato (neanche
tanto) obiettivo di evitare il fallimento degli stati membri in
difficoltà, prestando capitali. Tale organizzazione, avrebbe
quindi il compito di decidere la vita e la morte di uno stato, con la
conseguente conclusione che la sovranità nazionale tanto sbandierata (in
più occasioni anche nei nostri confini nazionali) verrebbe
'spezzettata'. Il capitale di cui si doterà il MES, sarà
di ben 700 miliardi di euro. L'organismo, sarà diretto dai 17 ministri
dell'Economia dei paesi aderenti. Per l'Italia, quindi, avremo il
Presidente Mario Monti, ex uomo di Goldman Sachs. Indovinate chi è
che, se tale accordo dovesse ufficialmente passare, salirà sul podio
dei maggiori contribuenti? Siamo noi! Sarà proprio l'Italia. Basta vedere le percentuali di contribuzione sul trattato. Come ci racconta il blogger Claudio Messora, dalle pagine di Byoblu,
analizzando il testo: “la percentuale di contribuzione […] per l'Italia
è del 17,9137%. Siamo i terzi maggiori contribuenti in assoluto […]
andate al secondo allegato, ottava riga. Abbiamo un milione e
duecentocinquantamila quote (1.253.959, per la precisione) e
contribuiremo con la bellezza di 125.395.900.000 €”.
Il capitale di cui si doterà il MES sarà di ben 700 miliardi di euro
Dei
700 miliardi di capitale del MES, continua Messora: “80 andranno
saldati subito […] in cinque anni […]. Il resto bisognerà corrisponderli
non appena i 17 super governatori (tra cui Mario Monti) lo decideranno,
insieme ad ogni altro aumento di capitale (quindi ben oltre i 125 della
nostra quota parte) che verrà decisa a insindacabile giudizio
dal MES. Cui nessuno potrà chiedere conto, essendo le sue sedi e i
documenti personali di tutti i governatori assolutamente inviolabili e
immuni a qualsiasi istituzione giuridica. […] Facendo due conti, il
17,9137% di 80 fa 14,32. Il che significa che dovremo […] pagare 14,32
miliardi cash in cinque anni. Fanno quasi tre miliardi all'anno”.
Minima Mercatalia....filosofia e capitalismo DIEGO FUSARO
“Il mondo non è vero, ma vuol tornare a casa per
mezzo degli uomini e della verità” (E. Bloch, Spirito dell'utopia)
La modernità è anche la storia del nesso di tensione, adattamento
e contrasto tra la filosofia e l’assolutizzazione del mercato in cui
si condensa lo spirito del capitalismo. Sulle orme di Hegel e di Marx,
il libro delinea una fenomenologia dello spirito del capitalismo condotta
sui due piani della storia della modernità e delle principali figure
del pensiero che l’hanno animata. Massima alienazione dell’uomo
rispetto alle proprie potenzialità ontologiche, l’odierno monoteismo
del mercato è la prima società in cui regna sovrano il principio metafisico
dell’illimitatezza, il “cattivo infinito” della norma dell’accumulazione
smisurata del profitto a scapito della vita umana e del pianeta. In questo
scenario, la filosofia resta il luogo del rischio assoluto: infatti, essa è
il luogo della possibile resistenza al nichilismo della forma merce e,
insieme, della sua eventuale legittimazione in stile postmoderno.
"Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini
avevano considerato come inalienabile divenne oggetto
di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il
tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state
comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute,
acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione,
scienza, coscienza, ecc. – tutto divenne commercio. È
il tempo della corruzione generale, della venalità universale,
o, per parlare in termini di economia politica, il
tempo in cui ogni realtà, morale e fisica, divenuta valore
venale, viene portata al mercato per essere apprezzata al
suo giusto valore". (K. Marx, "Miseria della filosofia")