domenica 1 settembre 2013

Le radici della guerra..la propaganda tra passato e presente....


Le radici della guerra..la propaganda tra passato e presente....

Se la nostra civiltà comprendesse fino in fondo cosa sia veramente la guerra e non ne avesse una visione edulcorata dalla propaganda di cinema, tv e media, non sarebbe possibile ai potenti del pianeta servirsi di questo mezzo ignobile.
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''Il bluff delle armi di distruzione di massa: IRAQ 2003''



Dal libro ''Esportare la libertà...il mito che ha fallito'' 
di Luciano Canfora
Da sempre i governi e gli stati coprono con altisonanti dichiarazioni i motivi spesso cinici che stanno alla base delle guerre da loro scatenate. Secondo Luciano Canfora, il proposito americano di esportare la libertà in Iraq è solo l'ultimo esempio di questo oliatissimo meccanismo propagandistico. Sparta combatté la guerra del Peloponneso sostenendo di voler liberare i Greci dall'oppressione ateniese; le guerre napoleoniche determinarono la trasformazione della Francia rivoluzionaria in impero bonapartista; i conflitti regionali della Guerra Fredda (Vietnam, Medio Oriente, Afghanistan), furono sempre inseriti nel contesto di una lotta per l'affermazione della democrazia nel mondo. Canfora dimostra in un'analisi acuta e spesso provocatoria che la politica internazionale si è sempre servita del richiamo all'ideale libertario per coprire le logiche di lotta per il dominio che inevitabilmente condizionano lo scenario internazionale. Un appassionato atto d'accusa contro le nefandezze compiute in nome di nobili principi e supremi ideali e allo stesso tempo un disincantato repertorio di casi storici recenti e remoti, accomunati da quella che Canfora definisce una emblematica "torsione morale, culturale e politica" che consente a uno stato di perseguire una cinica politica di egemonia, fregiandosi allo stesso tempo del titolo di difensore della libertà.

<<Sul piano della comunicazione politica contano, semmai, molto di più i silenzi: quello che una macchina dell'informazione così vasta che non ha l'eguale nella storia umana riesce a non dire. Un esempio valga a chiarire l'inverosimile situazione: un esempio che chiarisce bene il ruolo e la sostanziale subalternità dell'Europa. Come tutti sanno, nella generale costernazione delle cancellerie europee e della Organizzazione delle Nazioni Unite, nel marzo 2003 gli Stati Uniti hanno sferrato un attacco in grande stile, aereo navale e terrestre, causando un numero finora non precisato di vittime, contro la repubblica dell'Iraq accusata di possedere, nascostamente, armi chimiche di distruzione di massa. È altrettanto noto che gli ispettori internazionali inviati prima del conflitto a «scoprire» tali armi non ne trovarono traccia, e che traccia non se n'è trovata neanche mesi e mesi dopo che il conflitto era finito, ed il paese veniva occupato dagli eserciti anglo-americani, e depredato e controllato in ogni suo angolo. Da principio un'altra «buona causa» di guerra era stata addotta dagli attaccanti, e cioè l'oppressione da parte irakena della minoranza curda, ma poiché la Turchia, alleata indispensabile degli Stati Uniti, perseguita anch'essa i Curdi e li massacra, si è preferito lasciar perdere quest'altra «buona causa», e non se n'è parlato più. Il silenzio calato sui Curdi ed il loro triste destino da parte dei nostri media, pur già pronti a fare il bis umanitario dopo il Kossovo ma improvvisamente dimentichi della giusta causa curda, è di per sé impressionante.
Ma torniamo alle presunte armi di distruzione dell'Iraq, la cui inesistenza è ormai generalmente riconosciuta, al punto che il problema della Casa Bianca e di Downing Street oggi non è più di ostinarsi a sostenere che ci fossero, ma di individuare qualcuno cui addebitare la colpa di aver fatto credere (ai due più potenti servizi segreti del mondo) che quelle armi ci fossero davvero. Il silenzio dei media europei riguarda un altro imbarazzante dettaglio della vicenda. Il direttore generale dell'Opac (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche), José Mauricio Bustani, un anno prima che la guerra scoppiasse aveva incitato l'Opac a sollecitare l'adesione dell'Iraq. Ma questo, aveva scritto il 20 aprile 2002 il «Guardian», apparve al governo americano come un imprevisto impedimento alla intenzione di attaccare l'Iraq.
Da parte degli Stati Uniti la reazione è stata di rifiuto totale della proposta di Bustani fino al passo, significativo, di ordinare al governo brasiliano (presidente era allora il prof. Cardoso) di rimuovere Bustani dall'incarico. Il testo dell'ingiunzione, insieme con la ricostruzione della vicenda, è stato edito nella rivista dell'Università di San Paolo «Estudos avançados» (16, 2002). Bustani fu catapultato come console generale a Londra: ormai la guerra era imminente. Tuttavia il ricorso di Bustani all'Oit (Organisation International du Travail) ha avuto successo, e nello scorso luglio la cacciata di Bustani dall'Opac è stata definita «illegale». Nessuno nei nostri turgidi telegiornali o nei quotidiani si è degnato di fornire mai il benché minimo dettaglio di questa vicenda. I cittadini e i telespettatori non dovevano conoscere la prova esplicita di quanto criminale fosse stata la condotta statunitense nel fomentare la guerra che, pure, gli stessi governi europei avversavano >>



«L’Iraq non ha mai nascosto armi in Siria»

LA CIA CONFERMA   

 
Non vi è nessuna prova che l’Iraq abbia nascosto le proprie armi di
distruzione di massa in Siria prima dell’invasione americana del marzo 2003.
Lo rivela la Cia in un
nuovo rapporto diffuso online (www.cia.gov).
Si tratta del supplemento dell’indagine che, già nello scorso ottobre,
aveva smentito l’esistenza delle armi di sterminio di Bagdad, dando un
brutto colpo a chi sosteneva la necessità dell’intervento americano.
Per
qualche giorno, improvvisamente, divenne difficile sostenere che con
l’invasione si era evitata la minaccia chimica e batteriologica e che si
erano scongiurati i tentativi di dotarsi di un piano nucleare da parte di
Saddam Hussein.
Inoltre, si era a poco più di un mese dalle presidenziali
Usa, e il rapporto della Cia poteva fare del male a qualcuno.
Ma
l’amministrazione Bush reagì.
Diversi funzionari presero a ventilare
l’ipotesi del trasferimento dei presunti armamenti al sicuro, nel vicino
regime “canaglia” di Damasco. Così i 1700 ispettori guidati dal
consigliere speciale della Cia, Charles Duelfer, tornarono al
lavoro. Altri due mesi di indagini (saranno diciotto in tutto) e di
interrogatori.
Oggi, nei giorni in cui Damasco ritira le proprie truppe
dal Libano e si mette a disposizione delle Nazioni Unite, cinque mesi dopo
la pubblicazione del rapporto originale, la nuova teoria
dell’amministrazione Bush viene a cadere.
«In base alle prove disponibili
non è verosimile che ci sia stato un trasferimento ufficiale di armi di
distruzione di massa dall’Iraq alla Siria», si legge nell’appendice al
documento dell’Iraqi Survey Group, che sostiene di non aver
trovato esponenti iracheni «funzionari politici, o dei servizi segreti»
che avessero conoscenza diretta dei trasferimenti.
«Invece hanno tutti
unanimemente negato di avere alcuna conoscenza di armi di distruzione di
massa nascoste in Siria», dichiara il rapporto. Tuttavia gli ispettori
lasciano aperta una possibilità: «Non siamo in grado di escludere
che possano essere avvenuti spostamenti di limitati quantitativi di
materiale relativi ad armamenti in modo ufficioso», affermano.
Con la
diffusione delle 92 pagine deIl’appendice, comunque, l’inchiesta
ufficialmente si chiude. Nessuna traccia delle armi di distruzioni di
massa, né in Iraq, tantomeno in Siria. Le indagini «sono andate il più
possibile a fondo», sostiene la Cia. «Non c’è nessuna ragione perché
continui la detenzione di molti degli iracheni fermati per il
processo».
Dopo più di un anno e mezzo, indagini e interrogatori non hanno
più senso. «I detenuti sono stati interrogati da persone differenti, anche
dozzine di volte».
«Si è giunti alle medesime conclusioni a cui erano
arrivate Nazioni unite e alcuni paesi europei prima della guerra », fa
notare con ironia il New York Times, ovvero che le «ambiziose armi
di sterminio» di Saddam Hussein fossero state irrimediabilmente
danneggiate dalle ispezioni precedenti all’invasione.
«Le sanzioni Onu e
le ispezioni hanno abbattuto la capacità del regime di trattenere gli
esperti in armi di distruzione di massa», scrive infatti il
responsabile dell’inchiesta, Charles Duelfer, che mette al riparo da un
ulteriore problema: «C’era il rischio che molti degli scienziati iracheni
potessero mettersi a disposizione degli insorti o dei terroristi, ma il
numero delle persone che possiedono ancora conoscenze
potenzialmente pericolose è calato».

Fonte:http://www.europaquotidiano.it/2005/04/27/liraq-non-hamai-nascostoarmi-in-siria/

Obama: "Pronto a ordinare l'attacco.
Chiederò il via libera al Congresso" 

 

Sabato 31 Agosto 2013
ROMA - «Chiederò il sì del congresso all'attacco in Siria». Sono queste le parole di ieri del presidente Obama dalla Casa Bianca, «Ho deciso che gli Stati Uniti dovrebbero condurre un' azione militare contro il regime siriano». Oggi però il presidente comincia a frenare e Damasco esulta: "Gli Usa si espongono al sarcasmo". La Francia non agirà da sola in Siria, ma attenderà una decisione degli Usa, dopo il dibattito al Congresso. Lo ha detto il ministro dell'Interno Manuel Valls a radio Europe 1. "Abbiamo bisogno di una coalizione", ha aggiunto. Il premier Jean-Marc Ayrault ha in programma domani un incontro con principali esponenti parlamentari e dell'opposizione per discutere.

Ho deciso che gli Stati Uniti dovrebbero condurre un' azione militare contro il regime siriano, ha detto il presidente Barack Obama. ''Sono pronto a dare l'ordine di attacco'', ha aggiunto.

Obama chiedera' il sì del Congresso per l'attacco in Siria. Il presidente ha chiesto al Congresso di votare sui raid in Siria in base a considerazioni di sicurezza nazionale americana. Ritengo di avere il potere di ordinare un attacco senza l'autorizzazione, ma credo che sia necessario avere un dibattito, ha detto il presidente Obama aggiungendo di aver parlato con i leader al Congresso che metteranno in agenda un dibattito e un voto alla riapertura del Congresso.

"Le atrocita' di Damasco non vanno solo indagate, ma affrontate'', ha aggiunto Obama. ''Ho deciso di punire la Siria militarmente per l'uso dei gas, ma oltre che Commander in Chief sono anche il presidente della più antica democrazia parlamentare", ha detto Barack Obama. "Il paese sara' piu' forte e l'azione piu' efficace se seguiremo questa strada", ha detto.


«L'attacco Usa alla Siria potrebbe essere fra una settimana o un mese e sarà limitato nella portata», ha aggiunto Obama.
«Il voto del Congresso sull'uso della forza in Siria si terrà dopo il 9 settembre, alla ripresa dei lavori del parlamento americano».

Il presidente americano Barack Obama discuterà della crisi siriana con i leader del G20 la prossima settimana a San Pietroburgo. Lo ha detto una fonte dell'amministrazione Usa.

Il segretario di stato americano John Kerry ha parlato con il capo dell'opposizione siriana per sottolineare la determinazione a punire Damasco per le armi chimiche. Lo hanno detto fonti dell'amministrazione.

Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-noon riceverà domani un briefing dal capo degli ispettori Onu in Siria. Lo ha detto il portavoce delle Nazioni Unite Martin Nezirski.

Le Nazioni Unite «non si ritirano» dalla Siria, ma restano in Siria per mandare avanti il lavoro umanitario con un migliaio di dipendenti. Lo ha detto il portavoce dell'Onu Martin Nesirsky.

L'ANALISI Un'esame completo dei campioni raccolti dagli ispettori dell'Onu sugli attacchi chimici in Siria richiederà fino a tre settimane. Lo riferisce l'organizzazione per la proibizioni delle armi chimiche (Opcw), l'agenzia incaricata di svolgere le analisi. 
 
Kerry:''Assad è un assassino'' 
"Criminale" e "assassino". Così il segretario di Stato americano, John Kerry, ha apostrofato Bashar al Assad nella sua dichiarazione sulla Siria. Gli Stati Uniti, ha poi aggiunto, agiranno secondo i propri tempi, in corrispondenza degli interessi americani. 
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L’attacco chimico in Siria opera degli alleati degli Stati Uniti.

 Prove contrarie emergono mentre gli USA vogliono punire il regime di Assad 

 Mentre gli Stati Uniti ritengono che una risposta a ciò che definiscono attacco con armi chimiche del regime siriano di Bashar al-Assad, che avrebbe ucciso centinaia di civili, fonti affidabili mediorientali dicono di avere le prove che i colpevoli in realtà sono le forze ribelli che tentano di abbattere il governo. Il segretario di Stato John Kerry ha accusato il governo di Assad di nascondere l’uso di armi chimiche, “un crimine vile” e “un’oscenità morale” che ha scosso la coscienza del mondo. Kerry ha affermato che l’amministrazione Obama aveva le prove “inoppugnabili”, “che il governo di Assad è colpevole dell’uso di armi chimiche sui civili“, nell’attacco del 21 agosto alla periferia di Damasco. I rapporti secondo cui l’amministrazione Obama valuta un attacco contro il governo di Assad, continuano a circolare. Nel frattempo, gli ispettori delle Nazioni Unite in Siria vengono presi di mira dai cecchini mentre cercano d’indagare sul sito dell’attacco del 21 agosto.
Assad ha respinto l’accusa, secondo cui le forze del suo governo hanno usato armi chimiche, come “assurde” e “completamente politicizzate”, ha riferito il Los Angeles Times. Sostiene che le forze siriane erano nell’area colpita. “Come è possibile che un Paese usi armi chimiche, o armi di distruzione di massa, in una zona in cui si trovano proprie forze?” si è chiesto Assad in un’intervista alle Izvestija, secondo la traduzione fornita dall’agenzia stampa ufficiale della Siria e pubblicata da Los Angeles Times. “Questo è assurdo! Queste accuse sono completamente politicizzate e giungono dopo l’avanzata compiuta dall’esercito siriano contro i terroristi“.

Attacco dei ribelli?
Con l’aiuto dell’ex-membro dell’OLP, Walid Shoebat, WND ha raccolto da varie fonti mediorientali, le prove che mettono in dubbio le affermazioni dell’amministrazione Obama secondo cui il governo di Assad è responsabile dell’attacco della scorsa settimana. Un video pubblicato su YouTube, linkato qui sotto, mostra le forze ribelli dell’esercito libero siriano, o ELS, lanciare un attacco con il gas Sarin su un villaggio siriano.
Continua a leggere:QUI 
Nelle immagini della propaganda, la guerra è sempre giusta e vittoriosa, mentre il nemico è immancabilmente infido, cattivo e in malafede.
“La propaganda è quel ramo della bugia che spesso inganna gli amici senza mai ingannare i nemici.”
Walter Lippmann

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