giovedì 20 giugno 2013

Blaise Pascal 390 anni fa nasceva uno dei padri dell'informatica. Un uomo dedito tanto alla ricerca scientifica quanto a quella spirituale.

 



 Blaise Pascal

390 anni fa nasceva uno dei padri dell'informatica. Un uomo dedito tanto alla ricerca scientifica quanto a quella spirituale.



 
 

Il calcolatore di Pascal

390 anni fa nasceva uno dei padri dell'informatica. Un uomo dedito tanto alla ricerca scientifica quanto a quella spirituale

di Anna Lisa Bonfranceschi
Il sollevamento di un'automobile con un torchio idraulico o una semplice operazione con la calcolatrice. Oggi sono attività relativamente comuni, rese possibili grazie al genio di Blaise Pascal (1623-1662), il matematico – e filosofo, teologo e inventore – francese nato il 19 giugno a Clermont-Ferrand,. Una vita breve (morì neanche quarantenne), tanto scientificamente intensa quanto densa di ricerca spirituale. 
 Rimasto orfano di madre durante l'infanzia, Pascal venne cresciuto dal padre, un matematico che fu tra i primi testimoni delle grandi abilità intellettive del figlio, suo malgrado. Pare infatti che papà Pascal non volesse iniziare il pargolo agli studi della matematica, ritenendo che i numeri avrebbero distratto troppo la mente del figlio, non lasciando spazio ad altro. E invece Blaise era curioso proprio di numeri e figure. La geometria rapì gli interessi di Pascal sin da piccolo: tanto che intorno ai sedici anni arrivò il suo primo trattato, un saggio sulle coniche, anche stimolato dagli incontri con le menti più brillanti dell’epoca (come Pierre de Fermat e René Descartes), che frequentava nei circoli cui il padre, da tempo arresosi alle capacità del figlio, lo aveva introdotto
Ma non erano solo triangoli e coniche a interessare il giovane Pascal. Quando il padre, che lavorava come esattore, venne trasferito a Rouen, la quantità di lavoro crebbe, tanto che il figlio si ingegnò per aiutarlo nei conti. Mettendo a punto un calcolatore meccanico, uno dei primi, conosciuto come Pascalina, con il quale si sarebbe guadagnato per sempre un posto nella storia dell’ informatica (tanto che in suo onore un linguaggio di programmazione avrebbe preso il suo nome, il Pascal appunto).

A questa prima fase di studi e invenzioni ne sarebbe seguita una seconda, intervallata però da un periodo di intenso interesse verso la teologia, stimolato dall’incontro con alcuni seguaci del giansenismo, di cui egli stesso sarebbe poi diventato un membro.


Tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Cinquanta del Diciassettesimo secolo Pascal si dedicò nuovamente alla ricerca scientifica. Riprese gli esperimenti di Evangelista Torricelli sulla pressione (e anche qui avrebbe lasciato il segno nell’unità di misura della pressione) confermando l'esistenza del vuoto, e si interessò allo studio dei fluidi. Da questo sarebbe scaturito il principio per cui applicando una pressione a un fluido confinato in un contenitore, questa si trasmette a tutti i punti del recipiente. Il torchio idraulico, usato per sollevare le macchine, ne è un’applicazione diretta. Pare invece che ad aprire le porte alla teoria delle probabilità, in merito alla quale Pascal discusse con Fermat, sia stato il tentativo di rispondere a un quesito nato sui tavoli da gioco d’azzardo.

Gli ultimi anni di vita invece furono soprattutto dominio delle questioni spirituali e filosofiche. Si fanno risalire a questo periodo Le lettere provinciali, scritte in difesa di un giansenista e i Pensieri, un'opera a difesa del Cristianesimo, di cui fa parte la famosa scommessa di Pascal in merito all’esistenza di Dio, che il filosofo giudicava conveniente. Un ragionamento basato su argomentazioni probabilistiche, secondo cui se Dio esiste, chi crede ha molto da guadagnare, e nulla da perdere. 

http://daily.wired.it/news/scienza/2013/06/19/anniversario-nascita-pascal-426564.html#?refresh_ce 
 Biografia
B. Pascal
1623 Nasce a Clermont (od. Clermont-Ferrand)
1631-39 Il padre cura la sua educazione e lo introduce nel circolo di Mersenne
1640 Compone l’Essay pour les coniques
1646 Entra in contatto con il giansenismo di Saint-Cyran e di Arnauld
1647-53 Compie studi di matematica (calcolo infinitesimale e delle probabilità) e di fisica (meccanica dei fluidi)
1654-55 Avverte il richiamo della fede; frequenta i «solitari» di Port-Royal; legge Agostino
1656-57 Compone le Lettere provinciali
1661 Si schiera, contro Arnauld e Nicole, con i giansenisti più intransigenti
1662 Muore a Parigi
1670 Gli amici di Port-Royal pubblicano i Pensieri
 L’opera matematica e gli studi di fisica. Per ciò che concerne le ricerche matematiche, è da considerare P. un allievo di G. Desargues, che egli ebbe modo di avvicinare. Usando lo stesso procedimento estensivo con il quale Desargues, partendo da una proposizione di Pappo, aveva ricavato il suo teorema sul quadrilatero iscritto in una conica, il sedicenne P. pervenne, nel suo Essay pour les coniques (1640), al famoso teorema sull’esagono iscritto in una conica («hexagramme mystique»). Sul finire della sua vita (1659), con lo pseudonimo di Dettonville, P. pubblicò una lettera sulle proprietà della cicloide («roulette»), che suscitò un’aspra polemica personale con altri geometri. P. studiò le curve come enti a sé, precorrendo l’idea di funzione, poi studiata dai fondatori del calcolo infinitesimale, Leibniz e Newton. Del moderno calcolo infinitesimale P. è da considerare uno dei predecessori immediati. Mentre B. Cavalieri sviluppa il metodo degli indivisibili, P., Ch. Huygens e J. Wallis chiariscono il concetto di lunghezza di una curva, di area di una superficie nel senso che sarà poi sviluppato dal moderno calcolo infinitesimale. P. ha dato un importante contributo anche all’aritmetica, sia teorica (Traité du triangle arithmétique e Traité des ordres numériques, pubbl. postumi nel 1665), sia pratica, con il primo modello di macchina calcolatrice. Le origini e i primi studi del calcolo delle probabilità si fanno comunemente risalire a uno scambio di lettere tra P. e P. Fermat (1654), nelle quali si risolvono questioni sui giochi d’azzardo proposte da un giocatore. Gli studi di fisica di P., se pure non hanno lo stesso rilievo delle sue ricerche geometriche, non sono stati tuttavia privi d’importanza, soprattutto per l’organicità delle trattazioni e la limpidezza delle idee. Le sue ricerche hanno per oggetto principalmente la meccanica dei fluidi (Récit de la grande expérience de l’équilibre des liqueurs, 1648; De la pesanteur de la masse d’air, 1651; De l’équilibre des liqueurs, 1652); esse si collegano in modo essenziale, ma ulteriormente e acutamente sviluppandole e attuandole, a osservazioni e scoperte di scienziati contemporanei e precedenti, in partic. di Galilei, di S. Stevin e di G.B. Benedetti per quanto riguarda l’equilibrio dei fluidi; di E. Torricelli per le esperienze sulla pressione atmosferica e sul vuoto; di Benedetti per il torchio idraulico che, costruito da P., è peraltro da ritenersi ispirato da un’osservazione dello stesso Benedetti; di Stevin per il celebre principio sull’andamento delle pressioni in un fluido, che da P. prende nome.
 L’apologetica: ragione e fede. Nella sua apologetica P., se da un lato pone l’accento sulla dignità dell’uomo in quanto pensiero (essere debolissimo, più di una canna, l’uomo è tuttavia una canna pensante), dall’altro torna insistentemente sulla debolezza, caducità dell’uomo, sulla sua tendenza al peccato (che è anzitutto orgoglio e ribellione a Dio: peccato di Adamo). Il tema della miseria umana diviene quindi centrale e si alimenta non solo di reminiscenze bibliche ma anche della personale esperienza di un sapere scientifico che ha lasciato P. insoddisfatto: è un sapere frutto di esprit de géométrie cui sfugge la realtà più vera che è possibile invece cogliere con l’esprit de finesse. Non dunque la ragione è la via che conduce l’uomo a superare la propria miseria: anzi proprio la ragione lo fa sprofondare in un abisso di disperazione, fa più bruciante l’esperienza del limite dell’uomo. Da questo limite, intrinseco al suo essere creatura, l’uomo esce solo se è capace di cogliere l’infinito, Dio persona, il Dio biblico che condanna e redime, che guida il corso della storia. È possibile fare un uso apologetico di miracoli e profezie: ma la verità più profonda del cristianesimo si coglie attraverso l’analisi della condizione umana, ove la fede è l’unico rimedio alla miseria dell’uomo. Anche il riconoscimento dell’esistenza di Dio chiede una scelta personale, e non può essere oggetto di prove razionali; si introduce qui il tipico argomento pascaliano della scommessa (pari): dovendo scegliere tra l’affermazione e la negazione di Dio («Dio è» o «non è»), dalla parte dell’affermazione sta il bene, la felicità, l’infinito; dalla parte della negazione («Dio non è») sta il finito, il provvisorio. Se scommettiamo «Dio è», nel caso di riuscita guadagniamo l’infinito, l’eterno, se perdiamo, non perdiamo nulla di importante; ma se scommettiamo «Dio non è» e perdiamo, perdiamo insieme l’infinito e l’eterno. V’è dunque un’assoluta sproporzione tra le poste in gioco, e per questo si deve scegliere «Dio è». Scegliendo Dio, l’uomo si apre all’infinito, supera la sua miseria e si salva. Fondamentale per questo ritrovamento dell’infinito è la redenzione di Cristo, che assume un valore centrale in tutta la prospettiva religiosa di Pascal. Peccato di Adamo e morte di Cristo sono dunque i due poli attorno ai quali si svolge l’esperienza religiosa di P., alimentata dalla lettura di Paolo e soprattutto di Agostino. Accanto ai Pensieri, abbiamo una serie di opuscoli di P. di cui qualcuno è considerato da alcuni editori appartenente all’apologia, come quel Mystère de Jésus (trad. it. Il mistero di Gesù), forse scritto per le religiose o per i solitari di Port-Royal, che è un’intensa e splendida meditazione d’amore sulla passione di Gesù Cristo nell’orto di Getsemani. Interessante dal punto di vista del primitivismo giansenistico una breve Comparaison des chrétiens des premiers temps avec ceux d’aujourd’hui e particolarmente importante il famoso Entretien avec M. de Sacy sur Épictète et Montaigne (scritto da N. Fontaine sulle indicazioni di P. stesso), dove le due figure di pensatori sono prese a rappresentare i due aspetti caratteristici del «libertino»: orgoglio (Epitteto) e indifferenza (Montaigne). Ancora ai Pensieri si ricollega l’ampio frammento De l’esprit géométrique; mentre attraverso l’analisi che ne fece Nicole abbiamo i Trois discours sur la condition des grands (1670). 
Fonte :Treccani.it

Blaise Pascal
Pensieri

Les pensées, 1670 (postumo)

L'eterno silenzio di questi spazi infiniti mi atterrisce.



Due volti somiglianti, nessuno dei quali preso in se stesso fa ridere, fanno ridere insieme proprio a causa della somiglianza.



Che una cosa tanto evidente come la vanità del mondo sia così poco conosciuta, che risulti strano e sorprendente affermare la stoltezza di chi ricerca la gloria, questo è ammirevole.



Quando si è troppo giovani non si può giudicare bene, e neppure quando si è troppo vecchi.



Quando saremo afflitti, la scienza della realtà fuori di noi non ci consolerà dell'ignoranza morale, ma la scienza morale mi consolerà sempre dell'ignoranza delle scienze oggettive.



Condizione dell'uomo. Incostanza, noia, inquietudine.



Non è nella natura dell'uomo avanzare sempre; essa ha i suoi andare e venire.



Per comandare un vascello non si sceglie il passeggero di casato più nobile.



Nelle città in cui siamo di passaggio non ci preoccupiamo della stima degli altri. Ma se ci dobbiamo abitare per un po' di tempo allora ci preoccupiamo. Quanto tempo? Un tempo proporzionato alla nostra vana e fragile esistenza.



Vanità. Deferenza significa scomodatevi.



Chi non vede la vanità del mondo è vano a sua volta. Ma poi, chi non la vede, tranne i giovani immersi nel frastuono, nel divertimento e nel pensiero dell'avvenire? Ma togliete loro ciò che li distrae, li vedrete inaridire nella noia. Allora, pur senza conoscerlo, sentono il nulla, ed è davvero una disgrazia essere tristi a tal punto quando si riflette su sé stessi, e non potersi distrarre.



Così grande è la dolcezza della gloria che, a qualunque oggetto si riferisca, fosse pure la morte, la desideriamo.



Gli uomini s'impegnano a correr dietro a una palla e a una lepre: anche i re si divertono a questo modo.



Basta poco per consolarci perché poco basta per affliggerci.

 

Se la nostra condizione fosse veramente felice, non ci sarebbe bisogno di fare di tutto per non pensarci.

Bisogna conoscere sé stessi. Anche se questo non servisse a trovare la verità, servirebbe a regolare la propria vita, e non c'è nulla di più giusto.

L'incostanza è causata dalla consapevolezza della falsità dei piaceri presenti, e dall'ignoranza di quelli assenti.

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