Caro Obama,vattene per l'amor del Cielo!
Dunque,ammettiamo la buona fede e prendiamo per buona la tesi del
complottista Obama e dei bravi complottisti democratici americani: '' i
cattivissimi hacker russi, teleguidati dal cattivissimo Putin, hanno
manipolato le elezioni presidenziali americane.''
In pratica,ci
stanno dicendo che chi si era assunto il compito di difendere (e
soprattutto ESPORTARE) la democrazia in tutto il mondo non è in grado di
difendere la propria.
Non sarò tranquillo fino al 20....caro Obama,vattene per l'amor del Cielo.
Ah,ma i complottisti dell'amministrazione Obama non sono gli stessi che avevano spiato anche i loro alleati europei?
O è una bufala che gira su Internet?
Ha ragione il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella : ''i Paesi
dell’Ue devono dotarsi di una rete di agenzie pubbliche per combattere
la diffusione di notizie-bufale su Internet.''
P.s.Caro Putin,la
prossima volta vediamo di affidare un complotto così importante a
delinquenti seri, affidabili e di un certo livello.Mettiamo fine a
questa farsa.
Non ci sono più quei bei misteriosi complotti di una
volta. Vengono sgamati subito da un qualsiasi tizio seduto dietro ad un
computer.
SPAZIO DEGLI STATI
venerdì 30 dicembre 2016
domenica 27 novembre 2016
BUONOPANE LUCERNA MORTIS? UNA SCIOCCHEZZA COLOSSALE!
BUONOPANE LUCERNA MORTIS?
UNA SCIOCCHEZZA COLOSSALE!
L'incredibile faciloneria di chi asserve Storia e Verità, all'ultima sciocchezza letta in Rete.
Studiare, studiare.
Ricevo dal Prof. Pasquale Balestriere e molto volentieri pubblico.
RISTABILIAMO LA VERITÀ STORICA
del prof. Pasquale Balestriere
Se le
sciocchezze le portasse via il vento, poco male. Ma se si abbinano a un’aria festaiola
e mangereccia, allora cadono più facilmente nella mente e nell’animo fertile, e già predisposto ad accoglierle, dell’ascoltatore
e vi mettono radici. Con tutte le conseguenze del caso.
La Scuola
del FolKlore, il 9 ottobre scorso e nei giorni precedenti, è andata seminando a voce e per iscritto, cioè in una
televisione e su un giornale locali,
la notizia (sbagliata, ma ripresa da vari blog e siti) che l’antico nome
di Buonopane fosse “Lucerna mortis”.
Non è così. Non
è mai stato così. Il nome primitivo di
Buonopane era “Moropane” o “Moropano” (come risulta da una deposizione di Bono Bonomano, risalente
al 1268, che, per ora, è il documento
più antico che riporta il toponimo e dove si parla di undici uomini “de casale
Moropani”) o “ Murpano” (unito al
toponimo “Eramo” nella espressione “Murpano et Eramo”) come è scritto in un documento del 1270 dei
Registri della cancelleria angioina. Questi sono i documenti più antichi
relativi al nome della frazione di Moropane. Il resto sono chiacchiere da
bettola. O da cantina.
Dicono, scrivono e fanno scrivere quelli della
Scuola del FolKlore, superficiali come sempre in cose culturali: “ La frazione del comune collinare è
definita Lucerna Mortis da diversi autori come Giuseppe D’Ascia e
J.E. Chavalley de Rivaz”.
Questa è un’altra sciocchezza, perché Chevalley de Rivaz e D’Ascia non sono affatto autori né della
“definizione” né dell’etimologia “Lucerna mortis” riferita a Buonopane: il
primo non c’entra proprio niente, il
secondo, semplicemente, la riporta. L’autore di questa “scoperta” fu, invece,
Michelangiolo Ziccardi, medico di
Campobasso che, avendo soggiornato abbastanza a lungo a Napoli, ebbe modo di
conoscere l’isola d’Ischia, la sua storia e, soprattutto, le sue acque, se non
altro perché effettuò la traduzione
della terza edizione della “Description des eaux minéro-thermales et des
ètuves de l’île d’Ischia “ (Descrizione delle acque termominerali e delle stufe
dell’isola d’Ischia) di J. E. Chevalley de Rivaz, stampata a Napoli nel 1837.
Nelle note, di cui correda la traduzione, lo Ziccardi, dopo aver ipotizzato
alcune etimologie di paesi e zone dell’isola, scrive testualmente ( e
telegraficamente) a pag. 158: “Moropano
μόροπανος (sic!) lucerna mortis, da qualche antico
vulcano”. Salvo poi aggiungere tre righi
dopo: “Ma queste etimologie non sono evidenti”, cioè non sono certe, chiare, solari. Se dunque
già l’autore dubita della giustezza delle proprie etimologie, perché noi dovremmo prenderle per
oro colato, come fa la “Scuola del folKlore”? Figuriamoci poi il
sottoscritto, che sottolinea
innanzitutto l’accento sbagliato sul termine greco, poi il semplicistico
accostamento di μόρος sciagura,
destino, morte, e φανός (da cui πανός) fiaccola, lampada, lucerna; infine il fatto che
pur essendo il territorio del Comune di Barano interessato da fenomeni
vulcanici, non c’è alcuna evidenza che tali fenomeni abbiano coinvolto la zona
più alta del comune collinare. In più ci sarebbe da aggiungere quale follia
dovesse spingere un gruppo di persone ad abitare, se fosse vera l’ipotesi del
vulcano spento, un posto così lugubre (lucerna mortis significa fiaccola di -o della- morte)
e pericoloso. E poi: se ancora oggi la scienza fa fatica a stabilire quando un
vulcano è spento, figuriamoci allora, nell’epoca in cui fu dato il nome a questo posto! La
verità è che queste etimologie sono solo tentativi di spiegare
qualcosa, e talvolta addirittura ipotesi
velleitarie. Come, a mio parere, nel caso dello Ziccardi.
Ma, se anche
fosse vera l’etimologia dello Ziccardi – il che è davvero poco credibile- si
tratterebbe di un’etimologia, appunto, NON DELL’ANTICO NOME DEL PAESE DI MOROPANE. Non so se quelli
della Scuola del FolKlore sono in grado di capire la differenza. Sembra di no,
a giudicare da quello che dicono e scrivono.
Per chiudere, qui e per la prima volta, svelo quella
che ritengo una delle possibili e accettabili
etimologie del toponimo Moropane: dal
greco μυρόπνοος, -ον, myròpnoos (da μύρον “profumo” e πνέω “spiro”) (luogo)
che spira profumo, luogo profumato. Così il posto, dove poi sarebbe
sorto l’abitato di Moropane, dovette presentarsi ai primi colonizzatori: circondato da colline, pieno di verde, di
fiori, di profumi, anche per via dei
tanti corsi d’acqua da cui questo territorio era bagnato: di Nitrodi, di
San Pietro, di Licciesi e di Candiano, di altre piccole sorgenti affioranti qua
e là. Senza contare quella di Buceto, che pure ricade nell’estensione
territoriale di Moropane.
Ma anche quest’etimologia manca di certezze. Come
molte etimologie. Come altre, sempre relative a Moropane, di cui tratterò in
altra occasione.
Pasquale Balestriere
lunedì 28 settembre 2015
MANIFESTO PER LA SOPPRESSIONE DEI PARTITI POLITICI .
Simone Weil
''Un uomo che entra in un Partito Politico adotta una disposizione d'animo che equivale a non pensare con la propria testa.''
Tutti i partiti
fanno propaganda. Chi non ne facesse scomparirebbe,
in virtù del fatto che
gli altri ne fanno. Tutti
ammettono di fare propaganda. Nessuno è tanto audace nella menzogna al punto da affermare che
intraprende l’educazione del pubblico, che forma le opinioni del popolo.
I partiti parlano, è vero, di educazione nei confronti di quelli che sono venuti a loro:
simpatizzanti,
giovani, nuovi aderenti. Questa parola è una menzogna. Si tratta di un addestramento che serve a
preparare l’influenza ben più rigorosa esercitata dal partito sul pensiero dei suoi membri.
Immaginiamo il membro di un partito – deputato, candidato al parlamento o semplicemente
militante – che prenda in pubblico il seguente
impegno: “ogniqualvolta esaminerò un qualunque
problema politico o sociale, mi impegno a scordare
completamente il fatto che sono membro del
mio gruppo di appartenenza, e a preoccuparmi esclusivamente di discernere
il bene pubblico e la
giustizia”.
Questo linguaggio sarebbe accolto in modo molto
negativo. I suoi, e anche molti altri, lo accuserebbero di tradimento. I meno ostili direbbero: “perché allora
, ha aderito a un partito?”,
ammettendo così ingenuamente che entrando in un partito si rinuncia a cercare unicamente il bene pubblico e la giustizia. Quell’uomo sarebbe escluso dal suo partito, o per lo meno ne perderebbe
l’investitura, non sarebbe certamente eletto.
MANIFESTO PER LA SOPPRESSIONE DEI PARTITI POLITICI
pubblicato nel 1950
Simone Weil.
Simone Weil
''Un uomo che entra in un Partito Politico adotta una disposizione d'animo che equivale a non pensare con la propria testa.''
Tutti i partiti
fanno propaganda. Chi non ne facesse scomparirebbe,
in virtù del fatto che
gli altri ne fanno. Tutti
ammettono di fare propaganda. Nessuno è tanto audace nella menzogna al punto da affermare che
intraprende l’educazione del pubblico, che forma le opinioni del popolo.
I partiti parlano, è vero, di educazione nei confronti di quelli che sono venuti a loro:
simpatizzanti,
giovani, nuovi aderenti. Questa parola è una menzogna. Si tratta di un addestramento che serve a
preparare l’influenza ben più rigorosa esercitata dal partito sul pensiero dei suoi membri.
Immaginiamo il membro di un partito – deputato, candidato al parlamento o semplicemente
militante – che prenda in pubblico il seguente
impegno: “ogniqualvolta esaminerò un qualunque
problema politico o sociale, mi impegno a scordare
completamente il fatto che sono membro del
mio gruppo di appartenenza, e a preoccuparmi esclusivamente di discernere
il bene pubblico e la
giustizia”.
Questo linguaggio sarebbe accolto in modo molto
negativo. I suoi, e anche molti altri, lo accuserebbero di tradimento. I meno ostili direbbero: “perché allora
, ha aderito a un partito?”,
ammettendo così ingenuamente che entrando in un partito si rinuncia a cercare unicamente il bene pubblico e la giustizia. Quell’uomo sarebbe escluso dal suo partito, o per lo meno ne perderebbe
l’investitura, non sarebbe certamente eletto.
MANIFESTO PER LA SOPPRESSIONE DEI PARTITI POLITICI
pubblicato nel 1950
Simone Weil.
mercoledì 24 giugno 2015
La fatale notte del 23 giugno 1544: il sangue dei tunisini si pagava con quello degl’ischitani.
La fatale notte del 23 giugno 1544: il sangue dei tunisini si pagava con quello degl’ischitani.
Oggi noi Murupanesi festeggiamo il nostro Santo patrono San Giovanni Battista...ma è doveroso anche commemorare i nostri antenati,vittime della feroce e abominevole aggressione subita nel notte del lonatno 23 giugno 1544.Vorrei che oggi ci fossero meno stati/tweet e più libri di storia aperti. Ricordare è commemorare, ma soprattutto è conoscere!!!
''Era la notte della vigilia di S. Giovanbattista, la fatale notte del 23 giugno 1544
(225), quando Ariademo Barbarossa gettava con precauzione l’àncora innanzi l’isola d’Ischia, e tacitamente eseguiva
in vari punti di quelle spiagge, contemporanei sbarchi. Una ciurma di quei feroci pirati scendea
al lido occidentale verso la cala di Citara: altra era posta a terra, fra i piccoli seni del lato meridionale
nascosti dai promontori della Scannella: difesi dalle inospite spiagge de’ Maronti e dalle tetre colline
di Sant’Angelo; in modo che nella stessa ora con ben disposto piano, si assalivano la terra di Forio, il
villaggio di Panza, ed i Casali di Serrara, Fontana, Moropano, Barano, Testaccio e loro adiacenze.
Era quella una placida notte estiva, i miseri agricoltori credendosi sicuri nei loro casolari ed abituri
semichiusi, o mal barrati, sia a cagion del caldo precoce, sia della miseria, giacevano nel più profondo
sonno, perché stanchi e spossati dai diurni travagli.
I corsari taciti e guardigni, protetti dal silenzio e dalla solitudine, sorprendono i malcapitati nel sonno,
e costoro sbalorditi; anzi atterriti, non sanno, né possono far resistenza, e si fanno come agnelli sgozzare,
avvincere, tormentare.
Tutto si devasta da quella furente bordaglia avventuriera di greci-musulmani; le forosette e le contadine
sono rapite con gioia feroce; i garzoni e i montanini incatenati con rabbia: i vignaiuoli e gli
agricoltori stretti da corregge, a coppie congiunti fra loro in modo che lunga catena ne formano, e come
armenti sono gettati sulle galee: i vecchi ed i poppanti trucidati perché merce d’inutile ingombro, mentre
le fanciulle ed i giovanetti servivano per gli harem, le donne eran pei mercati d’Oriente, gli uomini
al remo ed allo staffile dell’Ottomano. I vigneti, gli arbusteti sono abbattuti e distrutti; i casolari ed i
tuguri incendiati e diroccati, i cellai e le conserve, vuotati e saccheggiate, sfondati i serbatoi, ed i fusti
del vino dopo di essersene trasportato e bevuto di quel liquore quanto più se ne poteva, per estinguere
la sete di rabbia, di lascivia, di spossamento, e d’interna arsura.
Corron, col sangue frammisto, gli avanzi di quel liquore, che costituiva la sussistenza de’ miseri isolani,
e di vino e di sangue s’inzuppa il terreno, s’imbrattano quei miscredenti.
Resi più feroci dalla lussuria e dall’ubbriachezza non lasciano una pietra, un palo, una pianta, un virgulto
all’impiedi.
La distruzione è compita, si è raccolto il bottino di uomini e di cose: quattromila sono i prigionieri
raccolti (226) oltre i trucidati, e questi quattromila sventurati di varie età, dell’uno e dell’altro sesso!
Oh! quanto sarebbe stato meglio per essi se fossero soccombuti, che andar cattivi in Barberia ed in
Costantinopoli, per sopportar l’onta, il vitupero, i stenti, le sevizie, le privazioni;.... la schiavitù!
Così si vendicava Barbarossa delle stragi che i cristiani avevano fatto dei turchi: il sangue dei tunisini
si pagava da quello degl’ischitani...
Fonte: STORIA DELL’ISOLA D’ISCHIA DESCRITTA
DA GIUSEPPE D’ASCIA 1867
Oggi noi Murupanesi festeggiamo il nostro Santo patrono San Giovanni Battista...ma è doveroso anche commemorare i nostri antenati,vittime della feroce e abominevole aggressione subita nel notte del lonatno 23 giugno 1544.Vorrei che oggi ci fossero meno stati/tweet e più libri di storia aperti. Ricordare è commemorare, ma soprattutto è conoscere!!!
''Era la notte della vigilia di S. Giovanbattista, la fatale notte del 23 giugno 1544
(225), quando Ariademo Barbarossa gettava con precauzione l’àncora innanzi l’isola d’Ischia, e tacitamente eseguiva
in vari punti di quelle spiagge, contemporanei sbarchi. Una ciurma di quei feroci pirati scendea
al lido occidentale verso la cala di Citara: altra era posta a terra, fra i piccoli seni del lato meridionale
nascosti dai promontori della Scannella: difesi dalle inospite spiagge de’ Maronti e dalle tetre colline
di Sant’Angelo; in modo che nella stessa ora con ben disposto piano, si assalivano la terra di Forio, il
villaggio di Panza, ed i Casali di Serrara, Fontana, Moropano, Barano, Testaccio e loro adiacenze.
Era quella una placida notte estiva, i miseri agricoltori credendosi sicuri nei loro casolari ed abituri
semichiusi, o mal barrati, sia a cagion del caldo precoce, sia della miseria, giacevano nel più profondo
sonno, perché stanchi e spossati dai diurni travagli.
I corsari taciti e guardigni, protetti dal silenzio e dalla solitudine, sorprendono i malcapitati nel sonno,
e costoro sbalorditi; anzi atterriti, non sanno, né possono far resistenza, e si fanno come agnelli sgozzare,
avvincere, tormentare.
Tutto si devasta da quella furente bordaglia avventuriera di greci-musulmani; le forosette e le contadine
sono rapite con gioia feroce; i garzoni e i montanini incatenati con rabbia: i vignaiuoli e gli
agricoltori stretti da corregge, a coppie congiunti fra loro in modo che lunga catena ne formano, e come
armenti sono gettati sulle galee: i vecchi ed i poppanti trucidati perché merce d’inutile ingombro, mentre
le fanciulle ed i giovanetti servivano per gli harem, le donne eran pei mercati d’Oriente, gli uomini
al remo ed allo staffile dell’Ottomano. I vigneti, gli arbusteti sono abbattuti e distrutti; i casolari ed i
tuguri incendiati e diroccati, i cellai e le conserve, vuotati e saccheggiate, sfondati i serbatoi, ed i fusti
del vino dopo di essersene trasportato e bevuto di quel liquore quanto più se ne poteva, per estinguere
la sete di rabbia, di lascivia, di spossamento, e d’interna arsura.
Corron, col sangue frammisto, gli avanzi di quel liquore, che costituiva la sussistenza de’ miseri isolani,
e di vino e di sangue s’inzuppa il terreno, s’imbrattano quei miscredenti.
Resi più feroci dalla lussuria e dall’ubbriachezza non lasciano una pietra, un palo, una pianta, un virgulto
all’impiedi.
La distruzione è compita, si è raccolto il bottino di uomini e di cose: quattromila sono i prigionieri
raccolti (226) oltre i trucidati, e questi quattromila sventurati di varie età, dell’uno e dell’altro sesso!
Oh! quanto sarebbe stato meglio per essi se fossero soccombuti, che andar cattivi in Barberia ed in
Costantinopoli, per sopportar l’onta, il vitupero, i stenti, le sevizie, le privazioni;.... la schiavitù!
Così si vendicava Barbarossa delle stragi che i cristiani avevano fatto dei turchi: il sangue dei tunisini
si pagava da quello degl’ischitani...
Fonte: STORIA DELL’ISOLA D’ISCHIA DESCRITTA
DA GIUSEPPE D’ASCIA 1867
lunedì 15 giugno 2015
Putin: che tipo di democrazia c'è negli USA.
venerdì 5 giugno 2015
Costituzione-Articolo 1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Costituzione-Articolo 1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Costituzione - Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il DIRITTO AL LAVORO e promuove le condizioni che rendano effettivo
questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere,
secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un'attività
o una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della società.
Costituzione-Art. 36.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
Poi un giorno arrivò la BADESSA Fornero a ricordarci che “Il lavoro non è un diritto”...
I camerieri dei banchieri in parlamento servono solo a dare una maschera di legalità ai diktat della delinquenza bancaria e finanziaria!
Per le persone che vivono unicamente del loro lavoro, il lavoro non è un feticcio,ma semplicemente è un impiego delle proprie energie fisiche ed intellettuali per raggiungere uno scopo determinato,cioè poter vivere una vita dignitosa!
Vivere una vita dignitosa è un diritto,quindi il lavoro è un diritto!!
Checché ne dicano i professoroni servi dei banchieri!!
P.s. i professori(autentici) sono in biblioteca o in cattedra.
Costituzione - Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il DIRITTO AL LAVORO e promuove le condizioni che rendano effettivo
questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere,
secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un'attività
o una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della società.
Costituzione-Art. 36.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
Poi un giorno arrivò la BADESSA Fornero a ricordarci che “Il lavoro non è un diritto”...
I camerieri dei banchieri in parlamento servono solo a dare una maschera di legalità ai diktat della delinquenza bancaria e finanziaria!
Per le persone che vivono unicamente del loro lavoro, il lavoro non è un feticcio,ma semplicemente è un impiego delle proprie energie fisiche ed intellettuali per raggiungere uno scopo determinato,cioè poter vivere una vita dignitosa!
Vivere una vita dignitosa è un diritto,quindi il lavoro è un diritto!!
Checché ne dicano i professoroni servi dei banchieri!!
P.s. i professori(autentici) sono in biblioteca o in cattedra.
lunedì 1 giugno 2015
Il parlamentarismo corrotto...il "sistema di camorra"...
Il parlamentarismo corrotto...il "sistema di camorra"...
Gaetano Mosca (Palermo, 1º aprile 1858 – Roma, 8 novembre 1941) è stato un giurista, politologo, politico e storico delle dottrine politiche italiano.
Il grande Gaetano Mosca lo definiva il parlamentarismo corrotto,il "sistema di camorra",sosteneva che il voto è la merce nel "mercato politico"...''Ogni piccolo gruppo organizzato è sempre in grado di opporsi a masse disorganizzate'' .
Le elezioni sono una truffa..troppo facile!Con questo sistema marcio pure un bimbominkia qualsiasi può essere eletto.(d'altronde funziona così dai tempi dei Romani,nell' antica Roma i "vizi" del sistema si intrecciano e vicendevolmente si esaltano: primato del notabilato e "voto di scambio" vanno insieme.)
Se hai i santi in paradiso, sei uno sconosciuto,sei candidato alle elezioni,vivi al polo Nord,dove prenderai i voti necessari per essere eletto?
Ma naturalmente,dove non ti conoscono:al polo Sud!!!
Tradotto per chi ancora crede alle favole:
l'unica possibilità per un giovane che voglia farsi strada ed essere eletto è quella di essere cooptato per decisione di chi detiene già il potere all’interno dei partiti.
La meritocrazia non esiste nella patria delle ''raccomandazioni''.
È inutile esultare,il voto di scambio è la "cellula" della manipolazione della "volonta' popolare".
E chi vò capì ... capisc'!
Gaetano Mosca (Palermo, 1º aprile 1858 – Roma, 8 novembre 1941) è stato un giurista, politologo, politico e storico delle dottrine politiche italiano.
Il grande Gaetano Mosca lo definiva il parlamentarismo corrotto,il "sistema di camorra",sosteneva che il voto è la merce nel "mercato politico"...''Ogni piccolo gruppo organizzato è sempre in grado di opporsi a masse disorganizzate'' .
Le elezioni sono una truffa..troppo facile!Con questo sistema marcio pure un bimbominkia qualsiasi può essere eletto.(d'altronde funziona così dai tempi dei Romani,nell' antica Roma i "vizi" del sistema si intrecciano e vicendevolmente si esaltano: primato del notabilato e "voto di scambio" vanno insieme.)
Se hai i santi in paradiso, sei uno sconosciuto,sei candidato alle elezioni,vivi al polo Nord,dove prenderai i voti necessari per essere eletto?
Ma naturalmente,dove non ti conoscono:al polo Sud!!!
Tradotto per chi ancora crede alle favole:
l'unica possibilità per un giovane che voglia farsi strada ed essere eletto è quella di essere cooptato per decisione di chi detiene già il potere all’interno dei partiti.
La meritocrazia non esiste nella patria delle ''raccomandazioni''.
È inutile esultare,il voto di scambio è la "cellula" della manipolazione della "volonta' popolare".
E chi vò capì ... capisc'!
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